Internet e l’inglese sono intrecciati da un rapporto strettissimo. L’inglese è la lingua più utilizzata sul web: circa il 58,6% dei primi 10 milioni di siti web al mondo è scritto nella lingua di Shakespeare. Inoltre, internet ha ovviamente miliardi di utenti non madrelingua, con vari livelli di conoscenza linguistica. Il risultato è che l’inglese sta subendo profondi cambiamenti per mano del web e, come traduttrice italiano inglese e traduttrice inglese italiano specializzata in transcreation, devo essere sempre aggiornata sulle ultime evoluzioni. Ma in che modo sta avvenendo questo cambiamento? Quali sono le principali influenze di internet? Vediamolo in dettaglio.

Internet e l’inglese: un vocabolario che cambia

Il gergo di internet sta cominciando ad avere un proprio storico e, guardando ai primissimi neologismi coniati, è facile comprendere con che rapidità le nuove parole nascono e vengono abbandonate. Molti di questi termini nuovi di zecca sono diventati obsoleti nel giro di pochi anni.

Prendiamo per esempio il “telegrafese” tipico del web, cioè la mania delle abbreviazioni. Chi usa più acronimi complicatissimi come 4COL (for crying out loud, cioè “per l’amor del cielo”), AYSOS (are you stupid or something? cioè “sei stupido o cosa?”), GHM (God help me, cioè “che Dio mi aiuti”), N2MJCHBU (not too much just chilling how about you? cioè “niente di che mi rilasso e tu?”), RAEBNC (read and enjoyed but no comment, cioè “ho letto e apprezzato ma non commento”), SWIS (see what I’m saying? cioè “capisci cosa voglio dire?”) o WACI (what a cool idea, cioè “che bella idea”)? Di fronte al dilagare di queste abbreviazioni incomprensibili, era invece piuttosto comprensibile il timore di quegli anni che vedeva l’alfabetismo destinato alla scomparsa e l’umanità tornare all’uso dei pittogrammi. Tuttavia, quando l’uso degli acronimi iniziò a ostacolare la comunicazione piuttosto che facilitarla e complice anche l’eliminazione delle restrizioni sul numero dei caratteri, l’avvento di WhatsApp e le maggiori dimensioni degli schermi dei telefoni, le abbreviazioni criptiche vennero abbandonate. TYL (thank you Lord, “grazie a Dio” – o text you later, “ti scrivo dopo”, a seconda del contesto). Alcune abbreviazioni più semplici e utili sono tuttavia rimaste, per esempio i famosissimi e onnipresenti LOL (laughing out loud, “sto ridendo a crepapelle”), YOLO (you only live once, “si vive una volta sola”), OMG (oh my God, “oh mio Dio”), WTF (che ometterò per ragioni di educazione), FYI (for your information, “per tua informazione”), BRB (be right back, “torno subito”) e TB (throwback, un tuffo nel passato, un ricordo o qualcosa che richiama il passato).
Il progredire della tecnologia ha messo in cantina anche altre espressioni come be stuck in blue bar land, usata quando la barra di caricamento blu di Internet Explorer significava una lunga attesa; i bandwidth hog, cioè qualcosa che consuma tutta la banda disponibile, non sono più un problema; e l’evidente sdegno nelle parole meatspace (il contrario di cyberspace) e dead tree edition (il cartaceo) non è più attuale in un’epoca in cui internet viene usato da tutti, comprese le nonne.

Internet e l’inglese: un vocabolario tutto nuovo

Se molti termini sono morti e sepolti, altri ne hanno preso il posto e sono attualmente molto utilizzati, soprattutto dai giovanissimi. Eccone alcuni esempi:

Deets – abbreviazione di details, dettagli o dati

Dope – molto bello o di pregio

Extra – compostarsi in maniera melodrammatica o esagerata

Fam – abbreviazione di family, anche riferito a un gruppo di amici

Bruh – cioè bro, abbreviazioni di brother, utilizzato per rivolgersi a un amico

Noob – un principiante o imbranato

Salty – arrabbiato o irritato

Un altro effetto di internet è la diffusione dei termini provenienti dal cosiddetto African-American Vernacular English o AAVE, cioè lo slang degli afro-americani. Alcuni esempi: lit (bello, divertente), bae (forse abbreviazione di before anyone else, per indicare il fidanzato/la fidanzata), woke (conscio e sensibile ai problemi politici e razziali, un tema di grande attualità negli States), on fleek (stiloso o vestito in modo impeccabile), throw shade (criticare o umiliare qualcuno pubblicamente), squad (il proprio gruppo di amici), realness (essere veri, autentici), slay (riuscire in qualcosa di molto difficile) e basic (apprezzare le cose semplici, poco sofisticate).

Internet e l’inglese: un uso creativo della punteggiatura

Questo aspetto è comune a molte altre lingue oltre l’inglese. Nel linguaggio scritto, la punteggiatura aiuta a dare struttura al testo e a renderlo di più facile comprensione. Tuttavia, sul web queste funzioni perdono di importanza e la punteggiatura viene spesso omessa. Chi si preoccupa di mettere le virgole al posto giusto in un post su Facebook o Instagram? Perché disturbarsi, quando il testo risulta comunque comprensibile?

Tuttavia, nel gergo di internet la punteggiatura ha assunto un ruolo completamente diverso: esprimere le emozioni. Nella comunicazione verbale, queste sono evidenti dal tono di voce, dai gesti, dalle espressioni facciali, dal linguaggio del corpo, ecc. Nella lingua scritta formale (libri, pubblicazioni, articoli, ecc.), l’autore dispone di spazio sufficiente per illustrare il proprio punto di vista emotivo. Ma sul web, la comunicazione è troppo veloce e concisa. Il problema è in parte risolto dalle emoticon, ma queste possono generare dubbi e incomprensioni.

Ed è qui che entra in gioco la cara vecchia punteggiatura. Per esempio, molti fanno un uso smodato di punti esclamativi e interrogativi, aggiunti a decine alla fine delle frasi. Ma prendiamo il punto, difficilmente utilizzato nella comunicazione online; d’altronde, basta premere “invio” per indicare la fine del messaggio. Nel gergo di internet di oggi, il punto ha assunto un’altra connotazione. Indica infatti un tono duro o perentorio, per esempio “Fa’ come ti dico. Punto. Fine della discussione.”

Lo stesso dicasi dei tre punti di sospensione (ellipsis in inglese), che sul web hanno la funzione di indicare incertezza, cioè l’opposto del punto. I puntini di sospensione imitano quindi la naturalezza della comunicazione verbale: quando parliamo (in inglese, ma anche in italiano), inseriamo molti “ehm”, “eeehhh” e “hhhmmm” nel discorso (chiamati mumbler in inglese). Possono sembrare inutili, ma senza di essi il discorso sembrerebbe artificiale. Nella comunicazione online, i tre puntini permettono di inserire pause nel messaggio, che lo rende più vero e vicino al linguaggio parlato e informale tipico del web.

Conclusione

Come abbiamo visto, internet sta avendo un profondo impatto sulla lingua inglese, con molti cambiamenti in atto, soprattutto fra i più giovani. È quindi importante per un traduttore tenere il passo con questa evoluzione per poterla integrare nel proprio lavoro, soprattutto quando si parla di contenuti e campagne social.

Immagine: bild-lida.ca

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